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Remo Trezza

COVID-19: IL “DECRETO ANTISCARCERAZIONI” SUPERA IL VAGLIO DELLA CONSULTA (Corte cost., n. 245/2020)

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Giuliana Costanzo)

“1.– […] il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 32, 102, primo comma, e 104, primo comma, della Costituzione, dell’art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 […].

2.– […] il Magistrato di sorveglianza di Avellino ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 32 e 111, secondo comma, Cost., dell’art. 2 del d.l. n. 29 del 2020, «nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da Covid 19, il magistrato [di sorveglianza] che lo ha emesso».

3.– […] il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., dell’art. 2-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 […] «nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso». […]

6.1.– Va premesso […] che in caso di abrogazione di una disposizione, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, con contestuale trasfusione del suo contenuto in altra disposizione, la questione di costituzionalità originariamente formulata sulla disposizione abrogata ben può, essa stessa, “trasferirsi” alla nuova disposizione, che ne riproduce sostanzialmente il contenuto. […].

In applicazione di tale principio, le questioni di legittimità costituzionale formulate […] devono considerarsi trasferite all’art. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020, introdotto in sede di conversione dalla legge n. 70 del 2020. […].

8.– Quanto al merito delle questioni prospettate, conviene anzitutto esaminare quelle formulate dai Magistrati di sorveglianza di Avellino e di Spoleto, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., che possono essere vagliate congiuntamente.

Le questioni non sono fondate.

8.1.– Le censure formulate dalle ordinanze di rimessione si incentrano sulla previsione da parte del legislatore di «un procedimento senza spazi di adeguato formale coinvolgimento della difesa tecnica dell’interessato», che non avrebbe accesso ai pareri e alla documentazione acquisita dal magistrato di sorveglianza in forza della disposizione censurata e che sarebbe pertanto tenuta all’oscuro degli elementi essenziali, acquisiti durante l’istruttoria, sui quali l’autorità giudiziaria formerà il proprio convincimento sulla possibilità di una revoca della misura extramuraria in essere […].

8.2.– La censura essenziale dei rimettenti concerne dunque l’allegata illegittimità costituzionale del ricorso, da parte del legislatore, a un procedimento a contradditorio soltanto differito ai fini della eventuale revoca della misura extramuraria, da parte dello stesso magistrato di sorveglianza che l’aveva in precedenza concessa.

[…] L’osservazione coglie, in punto di fatto, nel segno. Ciò tuttavia non è sufficiente, ad avviso di questa Corte, a determinare l’illegittimità costituzionale della disciplina in esame.

In seguito ad un’istanza del condannato di applicazione della detenzione domiciliare “in surroga”, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-ter, ordin. penit., l’intervento del magistrato di sorveglianza è previsto dal successivo comma 1-quater come connesso alle ragioni di urgenza che sostengono l’istanza, il cui destinatario naturale è il tribunale di sorveglianza; tanto che il provvedimento dello stesso magistrato di sorveglianza che dispone l’«applicazione provvisoria» della misura è inteso come meramente interinale, per far fronte a tale situazione di urgenza, essendo poi destinato a essere caducato dalla successiva decisione definitiva del tribunale di sorveglianza.

[…] Una simile situazione […] non rappresenta, d’altra parte, un’anomalia nel procedimento di sorveglianza […]; né questa Corte ha mai ritenuto costituzionalmente necessario assicurare, in simili ipotesi, il pieno contraddittorio già nella fase avanti al magistrato di sorveglianza, destinata a sfociare in un provvedimento interinale che verrà poi confermato o smentito dal tribunale in esito a un procedimento – quello sì – a contraddittorio pieno, nel quale la difesa avrà accesso agli atti e ai documenti sui quali si formerà il convincimento del tribunale. […].

8.3.– […] Un simile assetto normativo non appare a questa Corte incompatibile con gli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., in considerazione del successivo recupero della pienezza delle garanzie difensive e del contraddittorio nel procedimento avanti al tribunale di sorveglianza […].

9.– Infondate sono, altresì, le censure formulate dal Tribunale di sorveglianza di Sassari e dal Magistrato di sorveglianza di Avellino con riferimento all’art. 32 Cost.

9.1.– L’essenza di tali censure è che il procedimento di periodica (ri)valutazione delle condizioni che giustificano la misura extramuraria disciplinato dalla normativa censurata mirerebbe a indurre il giudice alla revoca di un provvedimento già concesso allo scopo di salvaguardare la salute del detenuto; ciò che sarebbe dimostrato, in particolare, dall’imposizione dell’obbligo di acquisire i pareri del Procuratore distrettuale antimafia o del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nonché informazioni da parte del Dipartimento per gli affari penitenziari e del Presidente della Giunta regionale, ma non – invece – documentazione relativa allo stato di salute del detenuto. […].

9.2.– Tali assunti non possono, tuttavia, essere condivisi.

Intento del legislatore è, certamente, quello di imporre ai giudici che abbiano concesso la detenzione domiciliare in surroga o – direttamente – il differimento della pena ex art. 147 del codice penale per ragioni connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 l’obbligo di periodiche e frequenti rivalutazioni della persistenza delle condizioni che hanno giustificato la concessione della misura, sulla base anche della documentazione che la disposizione censurata impone loro di acquisire. E ciò al fine di verificare a cadenze temporali ravvicinate, durante l’intero corso della misura disposta, la perdurante attualità del bilanciamento tra le imprescindibili esigenze di salvaguardia della salute del detenuto e le altrettanto pressanti ragioni di tutela della sicurezza pubblica, poste in causa dalla speciale pericolosità sociale dei destinatari della misura […].

Tuttavia, in nessun luogo della disposizione censurata emerge la prospettiva di un affievolimento della tutela della salute del condannato; sottolineandosi anzi, nel comma 2 dell’art. 2-bis, la necessità di verificare – quale presupposto della revoca – l’effettiva «disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato […] può riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute»: la cui tutela resta, dunque, essenziale anche nell’ottica della legge.

Se è vero, d’altra parte, che la disposizione censurata non impone l’acquisizione di documentazione sullo stato di salute del detenuto […]. Dovendosi peraltro rammentare […] che la disposizione censurata concerne condannati che in via generale non presentano condizioni di salute di per sé incompatibili con le condizioni carcerarie, e che solo in relazione alla particolare situazione della pandemia in corso sono stati ammessi al beneficio extramurario […].

In definitiva, la nuova disciplina […] non abbassa in alcun modo i doverosi standard di tutela della salute del detenuto, imposti dall’art. 32 Cost. e dal diritto internazionale dei diritti umani anche nei confronti di condannati ad elevata pericolosità sociale, compresi quelli sottoposti al regime penitenziario di cui all’art. 41-bis ordin. penit. […]; né intende in alcun modo esercitare indebite pressioni sul giudice che abbia in precedenza concesso la misura, mirando unicamente ad arricchire il suo patrimonio conoscitivo sulla possibilità di opzioni alternative intramurarie o presso i reparti di medicina protetti in grado di tutelare egualmente la salute del condannato, oltre che sulla effettiva pericolosità dello stesso, in modo da consentire al giudice di mantenere sempre aggiornato il delicato bilanciamento sotteso alla misura in essere, alla luce di una situazione epidemiologica in continua evoluzione.

10.– Parimenti infondate sono le censure sollevate […] con riferimento all’art. 3 Cost. […].

11.– Manifestamente infondata è la censura […] in riferimento all’art. 27, terzo comma, Cost. […]

12.– Del pari manifestamente infondate, infine, sono le censure […] in riferimento agli artt. 102, primo comma, e 104, primo comma, Cost. […]”.


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