di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Ilaria Romano)
“2. Per comprendere esattamente i termini della questione oggetto dell'impugnazione oggi in esame, occorre premettere che nei confronti di (…) venne sporta dalla moglie separata (...) una prima querela, poi integrata, con la quale la predetta aveva chiesto la punizione del coniuge per avere lo stesso fatto mancare alle figlie minori i mezzi di sostentamento necessari per il loro mantenimento; che, in relazione alla sola ipotesi di reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, - dalla quale (…) sarebbe stato poi mandato assolto - il pubblico ministero aveva inizialmente esercitato l'azione penale; e che, invece, nel corso del giudizio dibattimentale il p.m. aveva ritenuto di "integrare l'imputazione" contestando in via suppletiva anche il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 1, per il quale il prevenuto era stato, all'esito di quel giudizio, condannato.
Ciò detto in punto di fatto, è di tutta evidenza come sia errata l'affermazione contenuta nella sentenza gravata secondo cui l'azione penale poteva considerarsi procedibile anche in relazione al secondo degli indicati delitti, in quanto, con riferimento allo stesso, la madre della due figlie minori si era costituita parte civile in giudizio, così facendo valere implicitamente le sue ragioni basate sull'affermazione della responsabilità dell'imputato.
Ed infatti, secondo il pacifico orientamento interpretativo di questa Corte, l'estensione della già avvenuta costituzione di parte civile alle imputazioni oggetto di contestazione suppletiva deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela, esprimendo tale atto la volontà della persona offesa di punizione del reo (Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Jetrenda, Rv. 267619): tuttavia, per garantire una coerenza di sistema, tale regola esegetica non può essere intesa nel senso di permettere sine die alla parte civile di esprimere quella volontà di punizione in relazione al nuovo reato oggetto di addebito, dovendo ragionevolmente ritenere che l'esercizio del diritto di querela debba avvenire nel termine generale previsto dall'art. 124 c.p., comma 1.
Da tanto si desume che, nel caso di specie, la formalizzazione della querela nei riguardi dell'odierno ricorrente fu tardiva in quanto la estensione della già avvenuta costituzione della parte civile avvenne il 21 luglio 2016 rispetto alla formulazione della contestazione suppletiva da parte del pubblico ministero verificatasi il 9 maggio 2015.”
“3. (…) Non vi è nel codice penale alcuna norma che autorizzi a ritenere che gli effetti della querela si estendano anche a reati diversi ed ulteriori rispetto a quello o a quelli per i quali la stessa è stata formalmente proposta, anche se tra i più delitti sia eventualmente ipotizzabile un collegamento di natura probatoria ai sensi dell'art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b).
L'unica ipotesi, dunque, nella quale è possibile riconoscere un effetto estensivo oggettivo degli effetti della querela (dunque, diverso dall'effetto estensivo soggettivo espressamente previsto dall'art. 122 c.p.) è quella in cui la persona offesa formuli una richiesta di punizione in relazione ad una condotta idonea ad integrare una pluralità di fatti di reato, cioè nell'ipotesi di un concorso formale (in questo senso, ad esempio, Sez. 5, n. 46311 del 10/11/2003, Marsico, Rv. 227473). Situazione, questa, ben diversa da quella verificatasi nel caso oggi in esame, nel quale la contestazione suppletiva non è stata formulata dal p.m. ai sensi dell'art. 517 c.p., in relazione ad un reato concorrente, bensì a mente dell'art. 516 c.p.p., in relazione ad un fatto diverso da quello originariamente ascritto all'imputato.”
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