Stamattina, Ufficio Giudiziario italiano, si chiude il sipario sull'ennesimo caso di denegata Giustizia.
I fatti risalgono al 2011, il processo inizia nel 2014 per un totale di 10 udienze, difensori e magistrati sempre presenti. Un'unica udienza di rinvio di 6 mesi per astensione degli avvocati (che, come noto, sospende i termini di prescrizione). Oltre alla persona offesa, un solo testimone escusso in 5 anni (rispetto ai 4 presenti nella lista del Pubblico Ministero) e poi solo rinvii per difetti di notifica all'imputato e ai testimoni fino alla decorrenza della prescrizione.
Di fronte a questi problemi strutturali, non imputabili né a strategie dilatorie della difesa né alla gestione dell'udienza da parte dei magistrati, l'annunciata riforma della prescrizione porterà qualche beneficio o rischia di 'scaricare' sull'imputato e la parte civile il fardello della speranzosa 'attesa di giudizio' sine die?
Mettendo da parte le ben note critiche all'impianto riformatorio, non sarebbe forse il caso di guardare in faccia la realtà, ammettendo la sconfitta dell'obbligatorietà dell'azione penale, la quale produce, per tutta una serie di ragioni - non da ultima, l'ipertrofia legislativa in materia penale -, un 'fabbisogno' di Giustizia che non potrà mai essere soddisfatto dalla claudicante macchina pubblica italiana? Con le dovute precauzioni e costruendo ben delimitate sacche di discrezionalità, non avrei remore ad affidare all'occhio clinico (e, molto spesso, dalla spiccata sensibilità) della magistratura, la scelta dei reati da perseguire, piuttosto che rimetterla - di fatto - a circostanze davvero arbitrarie, come la presentazione o meno di una denuncia-querela.
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