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Nasce la Rubrica Diritto e Storia - di Dario Annunziata



Nell’età della decodificazione (per citare il celebre testo di Natalino Irti), dove la centralità del sistema codicistico sembra ormai un vecchio ricordo, appare particolarmente significativo che, dal 1 gennaio del corrente anno, una grande potenza mondiale come la Repubblica Popolare cinese abbia voluto dotarsi di un codice civile. Si tratta di un “cambiamento epocale”, come lo definisce Oliviero Diliberto, già Ministro di Grazia e Giustizia e professore ordinario di diritto romano presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Si tratta di una scelta non scontata, soprattutto nel 2020, e ricca di significato, se si considera che la principale fonte da cui si è attinto, per l’elaborazione del codice cinese, sono le fonti del diritto romano, senza che vi sia stata, come per il “nostro” codice civile, la mediazione del Codice napoleonico.

Il dato appare abbastanza significativo, soprattutto considerando l’attuale situazione italiana, ove il diritto romano appare ai più come un enorme perdita di tempo, una “pesante eredità”, o un passatempo per baroni vecchi e nuovi. Ma chi scrive, non un accademico, né tanto meno un barone, ha avuto modo, per fortuna, di scavare nella miniera d’oro delle fonti del diritto romano. Perché, restando nell’alveo del diritto, quel sapere giurisprudenziale elaboratosi nel passato e stratificatosi nei secoli, non è solamente l’architrave del nostro sistema giuridico, ma una vera e propria miniera di diamanti da cui attingere non solo nozioni o concetti, ma veri e propri strumenti argomentativi e “trucchi” esegetici. Laddove si abbiano gli strumenti per farlo, ovviamente.

Nell’ottica della partecipazione ai concorsi pubblici, poi, sebbene non siano più tantissime le prove per le quali è richiesta una diretta conoscenza dei fondamenti del diritto romano (a quanto mi consta, anzi, la materia appare soltanto tra quelle previste per la prova orale del concorso in magistratura), la conoscenza del sapere giuridico romano, eventualmente in correlazione con gli istituti del diritto positivo, può essere un aiuto prezioso sia per superare la temuta “paura del foglio bianco”, sia per infondere, nella propria argomentazione inerente la prova, quella cultura classica posta a fondamento della nostra “scientia”.

Perciò sono grato alla “Scuola Giuridica Salernitana” per avermi dato fiducia, accordandomi la possibilità di tenere una rubrica, di cui si inaugura l’apertura con questo editoriale, dal titolo “Diritto e storia”. Approfondiremo, insieme, in poche battute e a cadenza settimanale, alcuni aspetti di quel passato da valorizzare, correlandoli, di volta in volta, alle elaborazioni giuridiche moderne, normative, dottrinali e giurisprudenziali.

E se Paul Gauguin, nel dipingere, nel 1897, il celebre quadro “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” aveva cercato di descrivere le principali domande dell’umanità attraverso linee, colori e tratti geniali, anche lo scienziato di oggi, e perché no, il concorsista odierno, benché giurista positivo, non può esimersi dal domandarsi se l’istituto di cui sta trattando sia funzionale alla soluzione di una problematica immanente per il genere umano. Se, cioè, le esigenze che hanno determinato la creazione di una qualsiasi norma siano le stesse da anni, o addirittura, da secoli. È importante. Lo era per Gauguin e lo è per noi.


Dario Annunziata

Viceprefetto Aggiunto


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