L'art. 65, comma 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede che “gli eredi” rispondono in solido delle obbligazioni tributarie sorte anteriormente al decesso del de cuius. Si badi pertanto che la norma tributaria utilizza in modo tecnico - poggiandosi ovviamente sulle definizione prevista dal codice civile - il termine “eredi” non citando mai i “chiamati”.
Una recente ordinanza della Suprema Corte, la n. 21006 del 22 luglio 2021, in conformità alla più recente giurisprudenza di legittimità (vedasi ordinanza Cass. n. 15871 del 24 luglio 2020), ha stabilito che il chiamato all'eredità non risponde delle obbligazioni tributarie pendenti del de cuius qualora manifesti validamente la rinuncia all'eredità. Non osta alla legittimità ed alla validità di tale manleva il fatto che i chiamati siano soggetti astrattamente successibili ex lege ed anche qualora abbiano presentato la dichiarazione di successione, che espressamente non è da considerarsi come atto di accettazione.
L’Agenzia delle Entrate, muovendo dal termine decennale entro il quale il chiamato che abbia rinunciato all’eredità possa – sempre che non sia stata già accettata dagli altri chiamati – rivedere, rectius revocare, ex art. 525 c.c. la propria decisione, aveva ritenuto non perfezionata la rinuncia all’eredità.
La Corte invece ha stabilito che non è necessario – per il chiamato che rinuncia - attendere il consolidarsi del termine decennale a lui concesso dal codice civile. Oltre a tale principio, l’ordinanza è chiare nel ribadire che – anche ai fini fiscali – la rinuncia ai sensi dell’art. 521 c.c. esplica effetto retroattivo e quindi il rinunciante è come se non fosse mai stato chiamato.
Il soggetto che rinuncia all'eredità deve pertanto essere considerato come se a succedere non fosse mai stato chiamato.
La dichiarazione di rinuncia ha effetto immediato e implica la decadenza dal diritto di accettare l'eredità; salvo la possibilità di revoca della decisione.
Il supremo collegio, si spinge inoltre a suggerire i corretti strumenti giuridici da utilizzare nei casi l’Amministrazione finanziaria – alla stregua di qualsiasi creditore - che ritenga la rinuncia all’eredità sia prodromica o preordinata a ridurre le garanzie del creditore-erario. Ecco quindi che il creditore-erario ben potrà utilizzare i canonici strumenti di tutela messi a disposizione dal codice civile come l’impugnazione della rinuncia o la richiesta di nomina di un curatore dell’eredità giacente. L’utilizzo di tali strumenti consente all’Amministrazione di non incorrere o rischiare di incorrere nel termine decadenziale.
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